Un evento che celebra la passione
Ogni anno, nel cuore di Firenze, si accendono le luci su uno degli eventi più attesi del panorama brassicolo italiano: Birraio dell’Anno. Per chi vive di birra artigianale, non è solo una manifestazione, ma una festa, un momento di incontro, di confronto, di ispirazione.
Per la Brasseria della Fonte, partecipare a questo evento non è soltanto un onore, ma un’occasione per raccontare la propria storia, per condividere la filosofia che da sempre guida ogni nostra cotta: rispetto per la terra, amore per la qualità e una dedizione autentica all’artigianato.
Ogni birrificio che partecipa porta con sé la propria identità, la propria voce. C’è chi arriva con birre sperimentali e chi con classici intramontabili, chi punta sull’innovazione e chi sulla purezza degli ingredienti. Noi arriviamo con la Toscana nel cuore — con i suoi aromi, la sua lentezza, la sua sincerità — pronti a farla conoscere attraverso le nostre birre.
Il viaggio verso Firenze
La preparazione comincia settimane prima dell’evento. Ogni dettaglio conta: la selezione delle birre da presentare, la verifica degli impianti di spillatura, la cura dell’immagine dello stand.
C’è un’atmosfera elettrica nel birrificio, mista a entusiasmo e tensione. Le botti vengono controllate, le birre assaggiate più volte per assicurarsi che siano nel momento perfetto della maturazione. Si preparano le schede descrittive, le grafiche, gli strumenti di servizio. Tutto deve essere pronto per rappresentare al meglio il nostro lavoro.
Quando arriva il giorno della partenza, il furgone carico di casse e strumenti lascia la Val d’Orcia alle prime luci del mattino.
Le colline, illuminate da un sole pallido, sembrano salutarci con la stessa calma di sempre. È un contrasto affascinante: da un lato la quiete della campagna, dall’altro la vivacità che ci aspetta a Firenze, tra stand, luci e centinaia di appassionati.
Durante il viaggio, il silenzio è interrotto solo dalle chiacchiere tra i membri del team. Si parla di aromi, di lieviti, di nuove idee per le prossime cotte. Anche in macchina, la birra è sempre il centro di ogni discorso.
L’arrivo al festival
Appena arriviamo, l’atmosfera è travolgente.
Il grande spazio espositivo è un brulicare di persone, di profumi e di suoni. Decine di birrifici artigianali da tutta Italia — e non solo — sistemano i loro stand. Ci si saluta, ci si riconosce, ci si scambia un sorriso: molti di noi si incontrano solo in queste occasioni, ma la passione condivisa crea subito un legame.
Tra gli stand si respira un’energia contagiosa. Ogni birrificio ha la propria personalità: c’è chi ha allestito un banco rustico in legno, chi uno moderno e minimale, chi espone le bottiglie come fossero opere d’arte.
Noi scegliamo la semplicità, come sempre.
Il nostro stand è un piccolo angolo di Toscana: legno grezzo, fotografie del nostro luppoleto, bottiglie disposte ordinatamente e una lavagna che racconta le birre del giorno.
Vogliamo che chi si avvicina possa sentirsi come a casa, immerso nel ritmo lento e genuino della nostra terra.
Quando si aprono le porte al pubblico, il brusio cresce fino a diventare un coro. Arrivano esperti, giornalisti, curiosi, appassionati di lunga data. Ognuno cerca qualcosa di diverso: un gusto nuovo, una storia da ascoltare, una conferma alle proprie scoperte.
Le birre protagoniste
Per l’edizione di quest’anno, abbiamo scelto di portare tre delle nostre birre più rappresentative, ognuna simbolo di un diverso aspetto del nostro lavoro.
La prima è una birra chiara agricola, fresca e floreale, fatta con il nostro orzo e luppolo della Val d’Orcia. È la più semplice e al tempo stesso la più vera, quella che racconta meglio chi siamo.
La seconda è una birra ambrata con note di miele e castagna, perfetta per i mesi invernali. Nasce dalla voglia di unire la tradizione brassicola alla cultura gastronomica toscana.
La terza è una birra scura, dal corpo intenso, con sentori di caffè e cacao. Una birra da meditazione, per chi cerca profondità e carattere.
Vederle allineate sul banco, pronte per essere servite, dà sempre una certa emozione.
Ogni birra è un frammento di lavoro, di tempo, di dedizione. È come esporre parte di sé. E quando qualcuno prende un bicchiere, lo porta al naso, lo assaggia e sorride, quel gesto ripaga ogni fatica.
Gli incontri e le emozioni
“Birraio dell’Anno” non è solo una vetrina, ma un luogo di scambio.
Durante i giorni del festival, parliamo con tantissime persone: colleghi, distributori, amanti della birra, giornalisti, ma anche semplici curiosi che si avvicinano per la prima volta al mondo dell’artigianale.
Le conversazioni nascono spontanee: qualcuno chiede come coltiviamo il luppolo, altri vogliono sapere i tempi di fermentazione, altri ancora si interessano alla nostra filosofia agricola.
Ogni incontro è una piccola scoperta.
Ci sono i birrai che raccontano le loro esperienze, le sfide affrontate, le innovazioni provate. C’è chi parla di malti tedeschi, chi di lieviti belgi, chi di tecniche di maturazione mai sperimentate prima.
Ma al di là delle differenze, tutti condividono lo stesso spirito: quello della ricerca della qualità e del rispetto per il mestiere.
Tra gli stand si crea un’atmosfera familiare. Ci si scambia consigli, ci si fa assaggiare le proprie creazioni, si parla di progetti futuri.
C’è un senso di appartenenza, di comunità, che va oltre la competizione. Nessuno qui è solo un produttore: tutti siamo parte di un movimento che cresce, che sperimenta, che sogna.
Il pubblico e la curiosità
Nel corso della giornata, la folla diventa sempre più fitta.
Ci sono giovani che si avvicinano timidamente, coppie di turisti incuriositi, esperti che prendono appunti, appassionati che vogliono discutere di aromi e di stili.
Quando qualcuno ci chiede dove si trova il nostro birrificio e noi rispondiamo “tra le colline della Val d’Orcia”, spesso si illumina il volto.
“Ah, la Toscana!” — dicono — “si sente nella birra!”.
Ed è vero. Ogni birra porta con sé quel profumo di campagna, di grano e di sole che solo questa terra sa dare.
Molti visitatori restano colpiti dal fatto che coltiviamo il nostro luppolo e orzo. Per loro è qualcosa di raro, quasi romantico.
Ma per noi è semplicemente naturale: non sapremmo fare diversamente.
Raccontare questa storia davanti a un bicchiere diventa un modo per condividere qualcosa di più del gusto — diventa un modo per trasmettere valori.
Un riconoscimento che va oltre i premi
Essere presenti a “Birraio dell’Anno” significa essere parte di un dialogo nazionale tra chi ama e produce birra artigianale.
Non si tratta solo di vincere o ricevere premi, ma di rappresentare un modo di intendere il mestiere.
Per noi, il vero riconoscimento è vedere le persone tornare al banco, chiedere un secondo bicchiere, portare un amico per fargliela assaggiare.
Quel sorriso, quella stretta di mano, valgono più di qualsiasi trofeo.
Ogni sera, quando il festival chiude e il brusio lascia spazio al silenzio, ci si guarda attorno con una certa gratitudine. I bicchieri vuoti sul banco, il profumo di birra nell’aria, le voci che si spengono piano: tutto racconta una storia di passione condivisa.
L’alba del secondo giorno
La mattina successiva Firenze si risveglia lentamente, avvolta da una luce dorata che si riflette sui tetti antichi e sulle strade ancora silenziose.
Noi del team ci ritroviamo presto, in una piccola caffetteria vicino al luogo dell’evento. L’aria profuma di espresso e di brioches appena sfornate, ma nella mente c’è già la giornata che ci aspetta.
Parliamo della sera precedente, delle persone incontrate, delle parole scambiate. Ognuno porta con sé una sensazione diversa: chi la soddisfazione di aver ricevuto un complimento, chi l’emozione di aver spiegato la filosofia della Fonte a qualcuno che l’ha capita davvero.
Nel nostro piccolo, sappiamo di far parte di qualcosa di più grande. Non siamo solo un birrificio di campagna arrivato a Firenze con le sue bottiglie e il suo sorriso, ma una voce tra tante che, insieme, raccontano la bellezza della birra artigianale italiana.
Quando torniamo al festival, l’aria si riempie di nuovo di suoni: il rumore dei fusti, il tintinnio dei bicchieri, la musica in sottofondo, il brusio dei primi visitatori. E si ricomincia.
La magia dell’incontro
Una delle esperienze più belle del “Birraio dell’Anno” è proprio l’incontro diretto con chi ama la birra.
Ci sono esperti degustatori che parlano di stili e fermentazioni come di sinfonie, ma anche persone comuni, che si avvicinano per curiosità e scoprono un mondo nuovo.
Ricordo una coppia di turisti che si fermò al nostro banco attratta dal nome “Brasseria della Fonte”. Ci chiesero se il nome avesse un significato particolare. Risposi che sì, veniva da un luogo vero: un piccolo podere chiamato Fonte Bertusi di Sopra, dove la nostra avventura è iniziata, dove scorrono sorgenti limpide e l’aria profuma di grano e miele.
Loro sorrisero e, dopo aver assaggiato la nostra birra chiara, dissero che sembrava di sentire proprio quel paesaggio nel bicchiere.
In quel momento capii che l’obiettivo era raggiunto: non vendere un prodotto, ma trasmettere un’emozione.
Ogni birra, infatti, è un racconto liquido. Il malto parla della terra, il luppolo del vento, l’acqua delle sorgenti, il lievito del tempo. Quando qualcuno la beve e percepisce tutto questo, anche solo per un istante, si crea un legame invisibile ma fortissimo tra chi la produce e chi la assaggia.
I colleghi e la comunità dei birrai
Nel mondo dell’artigianato, la parola “competizione” assume un significato diverso.
Durante l’evento, si parla di tecniche, si condividono idee, ci si consiglia a vicenda. L’orgoglio di vedere un collega ricevere un premio non nasce dall’invidia, ma dall’ammirazione.
Ogni birra premiata eleva tutto il movimento, perché dimostra che la birra italiana può essere al livello delle migliori al mondo.
In quei giorni a Firenze, ci siamo confrontati con birrai di regioni diverse: piemontesi, emiliani, veneti, sardi. Ognuno con il proprio accento, la propria filosofia, la propria storia. Alcuni spingono sulla sperimentazione, con birre acide o fermentazioni selvagge; altri, come noi, preferiscono restare legati alla tradizione agricola.
Ma tutti condividono la stessa dedizione, lo stesso sguardo curioso verso la birra come forma d’arte.
Ci sono momenti in cui, tra uno spillatore e l’altro, si alza un brindisi spontaneo.
Un gesto semplice, ma pieno di significato. Nessuno pensa al mercato o alle classifiche. In quel momento siamo solo colleghi, amici, artigiani uniti dalla stessa passione che ci tiene svegli la notte, che ci fa sognare nuove ricette, che ci fa tornare ogni anno, con lo stesso entusiasmo, a questo evento.
Il valore del racconto
Molti visitatori non si accontentano di assaggiare la birra: vogliono conoscere la storia dietro la bottiglia.
Raccontiamo del nostro luppoleto, dei campi dorati di orzo, delle scelte sostenibili, del nostro modo di lavorare in armonia con la terra.
Spieghiamo che ogni birra nasce a pochi metri dai campi in cui crescono gli ingredienti, e che la nostra filosofia è quella della lentezza: non accelerare mai i processi, lasciare che sia il tempo a definire il carattere della birra.
Molti restano sorpresi. Qualcuno ci dice che non immaginava ci fosse tutto questo lavoro dietro un bicchiere. Altri ci chiedono come si possa iniziare una realtà così, da zero, con le proprie mani.
Ogni conversazione diventa un seme piantato nella curiosità delle persone, e forse, un giorno, qualcuno di loro aprirà il proprio birrificio, portando avanti gli stessi valori.
Questa è la vera forza degli eventi come “Birraio dell’Anno”: non solo far conoscere le birre, ma diffondere cultura, creare connessioni, alimentare la passione.
L’atmosfera della sera
Quando cala la sera, il festival cambia volto.
Le luci diventano più calde, i suoni più morbidi, le persone si rilassano. I bicchieri si riempiono, le risate si moltiplicano, i tavoli si affollano di chiacchiere e scoperte.
È il momento in cui la birra mostra il suo lato più conviviale. Non è più un prodotto da analizzare, ma un ponte tra persone, una scusa per fermarsi, sorridere e condividere un istante.
Noi, dietro il banco, guardiamo quella scena con orgoglio. Ogni bicchiere versato porta un po’ della nostra storia in giro per la sala.
E anche se le gambe sono stanche e la voce un po’ roca, l’energia che si respira ci ripaga di tutto.
A volte capita di incontrare persone che avevano già assaggiato le nostre birre in passato. Ci raccontano di come hanno portato una bottiglia a casa, l’hanno aperta con amici, e ne parlano come di un ricordo felice.
Sono momenti piccoli, ma per noi hanno un peso enorme. Significano che la nostra birra è entrata nella vita delle persone, che è diventata parte delle loro storie.
Dietro le quinte
Partecipare a un evento come questo non è solo esposizione e assaggi. C’è tutto un mondo “dietro le quinte” fatto di logistica, coordinamento, imprevisti e tanto lavoro manuale.
Ogni giorno bisogna controllare le temperature, pulire i rubinetti, gestire le scorte, sistemare i fusti, rispondere alle domande, mantenere un sorriso anche dopo ore di servizio.
È faticoso, ma anche immensamente gratificante.
Dietro ogni bicchiere servito c’è una squadra affiatata, fatta di mani che lavorano in sincronia, di sguardi che si capiscono senza parole, di gesti precisi e veloci.
Nel silenzio della notte, quando il festival chiude, restiamo qualche minuto a sistemare tutto. L’odore del malto e della birra aleggia ancora nell’aria.
Sappiamo che domani tutto ricomincerà, ma quel momento di calma è prezioso. Ci guardiamo intorno e ci rendiamo conto che, nonostante la fatica, ciò che stiamo facendo ha senso — perché nasce da passione vera.
Il ritorno a casa
Quando l’evento finisce e i padiglioni si svuotano, arriva il momento dei saluti. Si stringono mani, si scambiano promesse di rivedersi, si caricano i furgoni.
Firenze ci saluta con la sua eleganza, e mentre lasciamo la città, il silenzio torna a farci compagnia.
Nel viaggio di ritorno verso la Val d’Orcia, il paesaggio cambia lentamente: i colli si fanno più dolci, l’aria più pulita, il ritmo più lento. È come tornare al punto di partenza, ma con qualcosa di nuovo dentro.
Portiamo con noi le parole delle persone, le impressioni degli assaggi, gli stimoli raccolti. Tutto servirà per migliorare, per sperimentare, per crescere ancora.
Quando finalmente arriviamo al birrificio, c’è una quiete familiare che ci accoglie. Il profumo del legno, il silenzio dei tini, il canto lontano delle cicale.
Appoggiamo le casse, ci scambiamo uno sguardo e un sorriso stanco, ma pieno di soddisfazione.
È in quel momento che ci rendiamo conto di una cosa semplice ma profonda: ogni birra che portiamo al mondo nasce qui, ma vive davvero solo quando incontra le persone.
Il significato di partecipare
“Birraio dell’Anno” non è solo un evento nel calendario: è un simbolo.
Rappresenta la crescita di un movimento che crede nel valore dell’artigianato, nella bellezza della lentezza, nella forza delle radici.
Per noi della Brasseria della Fonte, essere parte di tutto questo significa restare fedeli alla nostra identità, ma anche aprirci al mondo, condividere, imparare.
Ogni volta che torniamo, sappiamo che porteremo con noi non solo riconoscimenti, ma esperienze, incontri e nuove idee.
Perché alla fine, la birra non è mai solo una bevanda: è un linguaggio, un modo di raccontare se stessi e la propria terra.
E così, tra le colline della Val d’Orcia, mentre una nuova cotta comincia a fermentare, pensiamo già alla prossima edizione.
Non sappiamo se vinceremo, ma sappiamo che torneremo — con le nostre birre, con la nostra storia e con lo stesso entusiasmo di sempre.
Perché la nostra vera vittoria è questa: continuare a creare, con il cuore e con la terra, birre che raccontano chi siamo.




